“Cambiamenti climatici” è un termine di destra

E nella comunicazione politica dovremmo smettere di usarlo

Andrea Oleandri
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Foto di Chris Gallagher su Unsplash

‘Climate change’ is less frightening than ‘global warming.’ […] While global warming has catastrophic connotations attached to it, climate change suggests a more controllable and less emotional challenge.

Questa frase è di Frank Luntz e fa parte del “Luntz Memo” o più formalmente “The Environment: A Cleaner, Safer, Healthier America”.

A molti il nome di Luntz non dirà molto, ma si tratta di un consulente politico e stratega di comunicazione americano, specializzato in linguaggio persuasivo e analisi dell’opinione pubblica.

I suoi studi, testi e le sue strategie sono alla base di tanta parte della comunicazione Repubblicana negli Stati Uniti e, in particolare questo Memo fu redatto nel 2002 proprio per i politici repubblicani.

Luntz, nel suo Memo, fornisce strategie su come parlare di questioni ambientali per guadagnare consenso pubblico e contrastare il crescente supporto alle politiche più rigide sul cambiamento climatico.

Tra queste, anche il consiglio di usare il termine “climate change” (cambiamento climatico) invece di “global warming” (riscaldamento globale).

“Riscaldamento globale” suona infatti più allarmante, suggerisce un effetto più drammatico e immediato, indica le responsabilità dell’uomo e accende l’attenzione sull’inazione politica.

“Cambiamento climatico” appare invece più neutro e meno spaventoso. È discolpante perché “il clima è sempre cambiato”, come ci si sente spesso dire.

Questo ha molto a che fare con i frame cognitivi che, cosa sono, lo spiega bene George Lakoff in “Non pensare all’elefante!”.

I frame sono cornici mentali che determinano la nostra visione del mondo e di conseguenza i nostri obiettivi, i nostri progetti, le nostre azioni e i loro esiti più o meno positivi. In politica i frame influiscono sulle scelte e le istituzioni che le attuano. Cambiare i frame significa cambiare le une e le altre. Il reframing equivale di fatto a un cambiamento sociale.

I frame non possono esserve visti o sentiti. Compongono quello che noi scienziati cognifiviti chiamiamo “inconscio cognitivio”, ovvero quelle strutture mentali che non percepiamo attraverso un’introspezione cosciente, ma attraverso gli effetti che producono. Il nostro “senso comune” si compone di inferenze inconsapevoli e automatiche suscitate dai nostri frame inconsci. Ma anche il linguaggio è una spia dei frame sottostanti. Ogni parola si definisce in relazione a un frame concettuale sottostante. Ogni qualvolta ascoltiamo una parola, nel nostro cervello — eccolo chiamato in causa — si attiva immediatamente un frame.

Il termine “cambiamento climatico” è in uso nel mondo scientifico almeno dagli anni ’50 e ancora oggi è uno dei termini utilizzati.

In questo contesto ha una accezione neutra, frutto del fatto che sia applicato ad un ambito di studi e ricerche che lavorano su dati ed evidenze, oltre che generalmente a beneficio di un pubblico di esperti che ha a che fare con il tema.

Mentre nel discorso politico tutto cambia. Quando il destinatario non è più “tecnico”, quando l’output desiderato è convincere per avere un tornaconto politico, l’obiettivo diventa persuadere per averne un beneficio. E per persuadere bisogna attivare dei frame e per attivare dei frame bisogno usare valori, parole, ma anche emozioni. Inoltre, affinché i frame diventino dominanti e si attivino, è fondamentale che vengano ripetuti con costanza. Più una parola o un concetto viene utilizzato, più il frame associato si rafforza nella mente delle persone.

Per questo “cambiamento climatico” oggi è una parola di destra e il frame che attiva ci riconduce ad un fenomeno su cui l’uomo non ha controllo, non ha potere, non ha responsabilità e il cui agire non ha, di conseguenza, alcuna priorità. Per questo nel dibattito pubblico, chi si occupa del tema, denunciando i rischi correlati e la necessità di azione, dovrebbe smettere di usarlo.

Cambiamo termini, cambiamo narrazioni.

[P.S. Si tratta di ciò che con CILD stiamo provando a fare con il nostro Narrative Lab].

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Andrea Oleandri
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Written by Andrea Oleandri

1983. Giornalista. Mi occupo di comunicazione e diritti umani (ora con Antigone e la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili)

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